Quando in banca mi presentarono il nuovo funzionario del settore titoli, allungai la mano alla Dottoressa Daniela M.
Meno di trent’anni, alta, non bella, viso lungo, capelli raccolti sulla nuca, corpo atletico, non magro, bel sorriso, occhiali, ma il particolare che mi colpì quando si alzò dietro la scrivania fu la minigonna veramente corta, di un tailleur grigio scuro.
Sicuramente strana per una bancaria.
Mi informò che mi avrebbe contattato entro una settimana, per esaminare il mio dossier e discuterne assieme.
Dopo una decina di giorni ero in banca per altre operazioni e la vidi uscire dal suo ufficio, sempre con la vertiginosa minigonna, mi riconobbe e mi chiese se avessi tempo per passare da lei.
Mi consigliò alcuni spostamenti, vendite e nuovi acquisti, accettai, mi sembrò preparata e le dissi che ci saremmo rivisti per controllare assieme gli andamenti.
Ci vedemmo ogni settimana e iniziammo a darci del tu, come ero abituato col collega che l’aveva preceduta; non la vidi mai con un abbigliamento che non comprendesse una minigonna cortissima, su due gambe non perfette ma non brutte.
Una sera la incontrai all’Anteo e nell’attesa di entrare chiacchierammo per la prima volta non di lavoro.
Era una cinefila appassionata e anche lei aveva la tessera del cinema, le altre volte che la vidi in banca parlammo dei film che avevamo visto, scambiandoci opinioni e consigli.
Finimmo per accordarci di vedere assieme una pellicola che interessava ad entrambi, andai a prenderla a casa, viveva coi genitori e non aveva legami affettivi.
In auto non riuscivo a staccare gli occhi dalle sue gambe e quando fummo seduti nella sala al buio, le avrei volentieri accarezzate.
Usciti le chiesi se dovesse rientrare subito, mi rispose di si.
Lasciai passare una settimana e con la scusa di un buon affare che mi aveva fatto fare le dissi che come minimo avrei dovuto invitarla a cena.
Chiarendo che professionalmente era proibito, accettò dicendo che lo considerava solo un invito personale non legato al suo lavoro.
Tanta serietà e professionalità svanirono al ristorante anche grazie ai diversi bicchieri di vino che bevve con gusto, parlammo di tutto, ridendo e toccando anche argomenti piccanti, era spigliata e mi dava l’impressione di non essere imbranata su questioni di sesso.
Ci fermammo sotto casa sua per fumare una sigaretta e prima di scendere si lasciò baciare.
Andando a casa mi domandai cosa mi interessasse in quella donna che non era proprio il mio tipo; la risposta fu una sola: la minigonna.
Uscimmo quasi una sera ogni settimana senza andare oltre ad un bacio sempre più lungo quando tornava a casa.
Una sera dopo una cena al ristorante durante la quale non avevamo lesinato nel bere, mi fermai prima di casa sua in posto tranquillo e finalmente le chiesi come mai vestisse sempre con minigonne cortissime, anche in banca.
Rise, poi diventò seria e silenziosa, infine mi confessò di compiacersi nel sentire gli sguardi degli uomini sulle sue gambe, e che probabilmente fin da ragazzina aveva sopperito ad una scarsa attrazione che suscitava nei ragazzi indossando mini molto corte; ciò le aveva creato una componente esibizionistica alla quale si era piacevolmente abituata.
La tirai a me e la baciai diversamente dal solito, era più disponibile e accarezzandole le gambe le confessai che fin dalla prima volta che l’avevo vista avevo desiderato toccarla.
Mi fu facile iniziare a raccontarle delle esperienze esibizionistiche di Bianca o di Marcella, mi sembrò interessata e per nulla scandalizzata.
Mi fece domande, volle dei particolari e mi chiese dove erano questi luoghi, intanto la baciavo e la mia mano era risalita sotto la mini scoprendo che indossava dei collant aperti, quando sentì la mia mano sulla pelle nuda ebbe un fremito e si accomodò meglio nel sedile.
Mentre scivolavo sotto gli slip con un dito, le chiesi se volesse fare un giro in quei posti che le avevo descritto, mi disse di no, assolutamente no, se fossi stato io a guardarla sarebbe stato diverso, ma con uno sconosciuto no.
Misi in moto e lentamente mi indirizzai verso Lambrate in una zona tranquilla non frequentata da coppie o guardoni.
Mi fermai, scesi girando dalla sua parte lentamente e mi fermai al suo finestrino.
Capì subito il gioco, si slacciò il golf e liberò il seno, si tolse le scarpe appoggiando i piedi sul cruscotto aprendo le gambe, guardandola mi slacciai i pantaloni ed estrassi un sesso che stava esplodendo mostrandoglielo mentre mi masturbavo, abbassò il finestrino e iniziai a toccarla chiedendole di togliersi il collant.
Mentre si sfilava l’indumento le avvicinai il pene al viso, ma si rifiutò, le chiesi se volesse aprire la portiera, mi rispose che voleva solo vedermi venire.
La accontentai ammirandola mentre con le dita spalancava il suo sesso pelosissimo.
Riaccompagnandola si dichiarò sconvolta per quello che aveva fatto, dando la colpa al vino che aveva bevuto, disse che non sarebbe mai successo: dopo due settimane mi chiamò chiedendomi di uscire e la serata finì esattamente allo stesso modo; non mi concesse altro che accarezzarla e masturbarmi questa volta almeno seduto in auto.
Seguirono questi incontri diventati mensili per quasi un anno e nel frattempo cambiò ufficio essendo diventata direttore d’agenzia.